Storie di successo: Jeff Bezos, il fondatore di Amazon
Un tentativo di raccontare la straordinaria ascesa di un gigante innovativo nel settore delle tecnologie, dirompente e spesso controverso: una delle prime aziende a intuire l’infinita promessa di Internet, e che ha finito col cambiare per sempre il nostro modo di leggere e di fare acquisti. Amazon è diventata una presenza costante nella vita moderna. Milioni di persone usano regolarmente questo sito agendo sulla base di un impulso fondamentale di ogni società capitalista: consumare.
Sul sito di Amazon c’è l’imbarazzo della scelta: libri, film, attrezzi per il giardinaggio, mobili, generi alimentari e, ogni tanto, qualche oggetto insolito come un corno di unicorno gonfiabile per gatti e una cassaforte per armi da mezzo quintale con serratura elettronica disponibile per la consegna in 3/5 giorni. L’azienda ha quasi perfezionato l’arte della gratificazione immediata, consegnando i prodotti digitali in pochi secondi e i prodotti fisici in pochi giorni. Non di rado i clienti raccontano meravigliati che i loro acquisti sono arrivati prima del previsto.
Molti clienti la adorano, molti competitor la temono. Il suo nome è entrato nel lessico del business. La storia di Amazon, nella sua versione più nota, è una delle più emblematiche dell’era di Internet. Dopo un esordio modesto, come rivendita online di libri, alla fine estendendosi alla vendita di musica, film, elettronica e giocattoli, è riuscita a creare una complessa rete di distribuzione per vendere di tutto. E dopo essersi affermata come leader nel commercio su Internet e piattaforma su cui altri rivenditori potevano presentare le loro merci, si è ripensata da zero come azienda tecnologica a tutto tondo, grazie all’infrastruttura di cloud computing Amazon Web Services e a dispositivi digitali pratici ed economici, come il lettore ebook Kindle e il tablet Kindle Fire.
“Per me Amazon è la storia di un fondatore brillante che ha realizzato in prima persona la sua visione”, commenta Eric Schmidt, presidente di Google e competitor accanito di Amazon, che però è iscritto ad Amazon Prime, il servizio di spedizione rapida entro 48 ore. “Non mi viene in mente esempio migliore. Forse Apple, ma tendiamo a dimenticare che quasi tutti pensavamo che Amazon fosse condannata a morte perché si rifiutava di adottare una struttura di costo che potesse funzionare. Continuava ad accumulare perdite. Ha perso centinaia di milioni di dollari. Ma Jeff era molto loquace, molto sveglio.
È il classico esempio di imprenditore-tecnico, che comprende a fondo come funziona la sua azienda e ci tiene più di chiunque altro”. Bezos si mostra poco interessato alle opinioni altrui. È molto bravo a risolvere problemi, ha una visione da scacchista del panorama competitivo, e applica la focalizzazione di un ossessivo-compulsivo alla soddisfazione dei clienti e alla fornitura di servizi come la spedizione gratuita. Nutre grandi ambizioni, non solo per Amazon, ma nel sondare i confini della scienza e nel ripensare da capo i media. Come potranno confermare molti dei suoi dipendenti, Bezos è una persona estremamente difficile per cui lavorare. Nonostante la sua famosa risata squillante e l’allegria che trasmette in pubblico, è capace degli stessi scatti d’ira di Steve Jobs, il defunto fondatore di Apple, in grado di terrorizzare qualsiasi dipendente che si ritrovasse in ascensore con lui. Bezos è un fautore del micromanagement con un flusso ininterrotto di nuove idee, e non ha pazienza con chi non si attiene ai suoi standard rigorosi. Come Jobs, Bezos emana tutt’intorno a sé un campo di distorsione della realtà, un’aura di propaganda.
Dice spesso che la mission di Amazon è alzare l’asticella in tutti i settori e in tutto il mondo, per la focalizzazione sul cliente. Bezos e i suoi dipendenti si concentrano in effetti sul cliente, ma al contempo sanno essere spietatamente competitivi con i rivali e anche con i partner. A Bezos piace dire che Amazon compete in mercati vasti, in cui c’è spazio per molti vincitori. Bezos è un comunicatore estremamente prudente quando parla della sua azienda. È una sfinge sui dettagli dei progetti, difende gelosamente i suoi pensieri e propositi ed è un enigma per la comunità imprenditoriale di Seattle e l’intero settore tecnologico. Raramente partecipa a convention o concede interviste. Anche chi lo ammira e segue da vicino la storia di Amazon tende a sbagliare la pronuncia del suo cognome (si dice Be-zos, non Bi-zos). Bezos legge i comunicati stampa, le descrizioni dei prodotti, i discorsi e le lettere agli azionisti con la penna rossa in mano, cancellando ogni frase che non parli ai clienti in modo semplice e positivo.
Pensiamo di conoscere la storia di Amazon, ma quel che conosciamo, in realtà, è la sua mitologia, i suoi comunicati stampa, i discorsi e le interviste che Bezos non ha stralciato con l’inchiostro rosso. In Amazon vigono consuetudini profondamente idiosincratiche. Nelle riunioni non si usano mai presentazioni in PowerPoint: i dipendenti devono esprimere i concetti per iscritto e in massimo di sei pagine, perché Bezos è convinto che questa attività stimoli il pensiero critico. Per ogni nuovo prodotto, la documentazione viene redatta nello stile di un comunicato stampa: l’obiettivo è presentare un’iniziativa nel modo in cui un cliente potrebbe sentirne parlare per la prima volta. All’inizio di ogni riunione tutti leggono in silenzio il documento e poi inizia la discussione.
La prima volta di Amazon
Il 16 luglio 1995 il sito andò online e divenne visibile a tutti gli utenti del Web. Man mano che si diffondeva il passaparola, il piccolo team di Amazon si accorse di aver aperto una strana finestra sul comportamento umano. Gli early adopter di Internet ordinavano manuali di informatica, raccolte delle strisce a fumetti di Dilbert, manuali per riparare antichi strumenti musicali… e guide al sesso. (Il bestseller su Amazon in quel primo anno fu How to Set Up and Main tain a World Wide Web Site: The Guide for Information Providers [Come costruire e gestire un sito Web. Guida per i provider informatici], di Lincoln D. Stein.)
Tra i clienti c’erano soldati americani di stanza all’estero e una persona in Ohio che scrisse dicendo di abitare a cinquanta miglia dalla libreria più vicina, e che Amazon.com era un dono del cielo. Qualcuno ordinò un libro di Carl Sagan dall’Osservatorio europeo meridionale in Cile – per testare il servizio, evidentemente – e dopo averlo ricevuto inoltrò un secondo ordine richiedendo varie decine di copie dello stesso libro. Amazon stava iniziando a sperimentare uno dei primi esempi di «coda lunga»: il grande numero di oggetti rari che interessano a un numero relativamente basso di persone.
Nessuno era stato ancora assunto per imballare i libri; quando il volume di vendita aumentò e l’azienda restò indietro con le spedizioni Bezos, Kaphan (il primo dipendente) e gli altri iniziarono a scendere nel seminterrato ogni sera per preparare i pacchi. Il giorno dopo portavano le scatole al corriere UPS o all’ufficio postale. Il lavoro di imballaggio era complesso e poteva protrarsi fino a tarda notte. I dipendenti assemblavano gli ordini sul pavimento, avvolgendo i libri in un cartone autoadesivo che si incollava su se stesso ma non su altri materiali. Quell’estate Nicholas Lovejoy entrò in azienda part-time e diede l’ovvio suggerimento di portare nel magazzino altri tavoli su cui imballare i libri. Questo piccolo aneddoto viene ancora ripetuto vent’anni dopo: «Pensai che fosse l’idea più brillante che avessi mai sentito in vita mia», ha detto Bezos in un discorso, ed evidentemente trovava la storia ancora molto divertente, perché l’ha accompagnata con una sonora risata delle sue.
Era un team eclettico che operava in circostanze insolite e in un ambiente complesso: insieme fecero i primi timidi passi in quel fiume esotico chiamato Internet, e con grande sorpresa di tutti furono trascinati via dalla corrente. La prima settimana dopo il lancio ufficiale ricevettero ordini per 12.000 dollari e spedirono 846 dollari di libri, come racconta Eric Dillon, uno dei primi investitori. La settimana successiva ricevettero ordini per 14.000 dollari e ne spedirono per 7000. Insomma, fin dall’inizio dovettero lottare contro il tempo.
Una settimana dopo il lancio, David Filo, un dottorando di Stanford, scrisse loro un’email per chiedere se volevano apparire su un sito di nome Yahoo, che raccoglieva pagine interessanti scovate sul Web. All’epoca Yahoo era uno dei siti più trafficati ed era l’home page di molti dei primi utenti di Internet. Naturalmente Bezos e i suoi dipendenti avevano sentito parlare di Yahoo, e quella sera si sedettero a mangiare cibo cinese e a cercare di capire se erano pronti per un’ondata di nuovi clienti, essendo già sommersi dagli ordini. Kaphan pensava che fosse come «cercare di bere un sorso da un idrante dei pompieri». Ma decisero di farlo comunque e a un mese dal lancio avevano venduto libri in tutti i cinquanta Stati e in quarantacinque nazioni estere.
Ogni giorno il numero di ordini aumentava, e i tentacoli del caos – che sarebbe rimasto l’antagonista perenne dell’azienda negli anni successivi – iniziarono a stringersi intorno alla giovane startup. Bezos ribadì che Amazon doveva avere una policy di restituzione a trenta giorni, ma non c’era un sistema efficace di gestione dei resi; l’azienda aveva una linea di credito ma sforava sempre il fido, e ogni volta MacKenzie doveva raggiungere a piedi la vicina filiale della banca e staccare un assegno per riaprire il conto.
Amazon rimane un’azienda enigmatica e sconcertante. “Se vuoi la verità su ciò che ci rende unici è questa: siamo veramente centrici, siamo davvero orientati sul lungo periodo e ci piace davvero innovare. Quasi nessuna azienda è così. Le aziende si concentrano più sul competitor che sul cliente. Vogliono lavorare a progetti che frutteranno dividendi nel giro di due o tre anni, e se in due o tre anni non vedono risultati passano a qualcos’altro. E preferiscono tallonare il leader del mercato anziché innovare, perché è meno rischioso. Quindi se vuoi la verità su Amazon, ecco perché siamo diversi. Poche aziende racchiudono tutti e tre questi elementi”, questo sostiene Bezos.
Non c’è niente come centrare specificamente il punto.
L’hai fatto, e so quello che dico, perché da un po ‘sono alla ricerca
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